martedì 2 ottobre 2012

VERMEER. IL SECOLO D’ORO DELL’ARTE OLANDESE

Scuderie del Quirinale
27 September 2012 - 20 January 2013

Otto dipinti di Johannes o Jan Vermeer (1632-75) uno vicino all’altro, in Italia (che non ne possiede nessuno) non si sono mai visti: sarà possibile farlo a Roma, alle Scuderie del Quirinale, dal 27 settembre al 20 gennaio.

Giovane donna in piedi al virginale, 1670-1673 ca. - The National Gallery, Londra Giovane donna in piedi al virginale, 1670-1673 ca. - The National Gallery, Londra

Ieri, sono stati definiti gli ultimi prestiti: non ci saranno «La merlettaia» o «L’astronomo» del Louvre, però vedremo un rarissimo esterno dell’artista, la «Stradina di Delft» del Rijksmuseum di Amsterdam; con due dipinti del Metropolitan di New York («L’Allegoria della fede» e «La suonatrice di liuto»), e due della National Gallery di Londra (la «Donna seduta alla spinetta» e la «Donna in piedi» al medesimo strumento, noto anche come il Virginale); e proprio uno studioso del Metropolitan, Walter Liedtke, con uno della National di Washington, Arthur K. Wheelock jr., e la soprintendente di Brera Sandrina Bandera saranno curatori dell’eccezionale esposizione.

Ragazza con il cappello rosso, 1665-1667 ca - National Gallery of Art, Washington Ragazza con il cappello rosso, 1665-1667 ca - National Gallery of Art, Washington

In Italia, finora se ne ricorda una soltanto dedicata all’artista e al secolo d’oro dell’arte olandese: a Modena pochi anni fa, curata da Maria Grazia Bernardini, ora responsabile di Castel Sant’Angelo, e incentrata solo su un quadro di Vermeer, «La ragazza alla spinetta» londinese; e nessuno, se non il Prado nel 2003, è mai riuscito ad ottenere più opere (in quel caso furono nove) di un maestro tanto celebrato, prezioso e raro.

Giovane donna con bicchiere di vino, 1659 – 1660 ca. - Herzog Anton Ulrich-Museu, Braunschweig Giovane donna con bicchiere di vino, 1659 – 1660 ca. - Herzog Anton Ulrich-Museu, Braunschweig

Il suo catalogo, infatti, si limita a 37 dipinti in tutto, di cui appena 26 possono essere spostati; «a Roma, quindi, vedremo quasi un terzo dell’opera di Vermeer che può essere mostrata in giro per il mondo», dice il direttore generale dell’azienda Palaexpo, Mario De Simoni. A fare corona a un tale bendiddio, cinquanta quadri di artisti contemporanei e, come lui, olandesi: da Gerard Ter Borch, a Gerrit Dou, a Carel Fabritius, o Nicolaes Maes che, come lui, studiavano per primi spazio e luce, e le rispettive influenze.

Giovane donna seduta al virginale, 1670 - 1672 ca. - Collezione privata Giovane donna seduta al virginale, 1670 - 1672 ca. - Collezione privata
 
Ma di Vermeer, arriveranno anche la «Fanciulla con bicchiere di vino» dal museo di Brunswick, la «Santa Prassede» della collezione di Barbara Piasecka Johnson (sulla cui autografia non tutti i critici sono però d’accordo); però, l’icona della rassegna giungerà da Washington, dall’unico museo statale di tutti gli Usa, la National Gallery, e sarà «La fanciulla con cappello rosso», dalla posa simile a quella «con il turbante» a cui si è anche ispirato il best-seller La ragazza con l’orecchino di perle, di Tracy Chevalier.
Perché ormai Vermeer è proprio «cult», dopo essere stato a lungo dimenticato: riscoperto grazie a un elogio di Marcel Proust, e una segnalazione soltanto del 1866; ma è il «più grande, perfetto, raro, strano, squisito e misterioso»: lo spiega Paul Claudel; uno «che blocca l’attimo», per citare Lorenza Trucchi. 

La suonatrice di Liuto, 1662-1663 ca.- The Metropolitan Museum of Art, New YorkLa suonatrice di Liuto, 1662-1663 ca.- The Metropolitan Museum of Art, New York
 
Il suo luogo di vita e di arte era Delft: piccolo fazzoletto di terra incredibilmente fecondo però di pittori (nel Seicento, 25 mila anime e 52 artisti); i suoi interni restano intimi e misteriosi: specchio d’una pittura che racconta la piccola borghesia e i suoi gesti quotidiani (mentre, in quel tempo a Roma, il Barocco si incaricava invece di trasmettere nel mondo la sontuosità e la pompa dei Papi, della Chiesa, della nobiltà).
Di lui, sappiamo poco: ovviamente protestante, figlio di un tessitore di seta, che, tuttavia, commerciava anche opere d’arte. Le prime, forse, le ha viste in casa. E forse ha appreso i primi rudimenti del mestiere da Carel Fabritius, di cui vedremo alcune realizzazioni in mostra, nel 1647.

Allegoria della fede, 1670-1674 ca.- The Metropolitan Museum of Art, New YorkAllegoria della fede, 1670-1674 ca.- The Metropolitan Museum of Art, New York
 
Ma dieci anni dopo essere entrato in una «gilda», associazione di pittori, Vermeer, nel 1662, ne era già a capo. Alle Scuderie, ci saranno suoi quadri dipinti tra il 1655 e il 1675: ventennio davvero d’oro per la produzione olandese, tutte opere assai celebrate e di solito, per la prima volta esposte in Italia. Sono tele di piccolo formato, colori trasparenti, un’enorme attenzione ai dettagli; come le preparasse, non si sa: non esistono nemmeno suoi disegni.
Tanto accurate da sembrare fotografie ante litteram. I colori vivissimi e sempre di grande qualità contibuiscono a trasformare l’artista in un «unicum», con alcuni quadri, dichiarati intrasportabili e mai prestati (come il «Soldato con la ragazza sorridente» della Frick Collection di New York), che sono tra i massimi capolavori della pittura di ogni tempo. Incredibile che muoia lasciando alla moglie pochi denari ma molti debiti; la vedova cede a un fornaio due tele, per saldare un debito di appena 617 fiorini.

Santa Prassede, 1655  - BPJ Holding Corporation, The Barbara Piasecka Johnson Collection FoundationSanta Prassede, 1655  - BPJ Holding Corporation, The Barbara Piasecka Johnson Collection Foundation
 
Ma nell’arte di Vermeer, e in quella che gli gira attorno, non mancano le curiosità: il maestro ritrae solo due volte la propria città (e un quadro lo vedremo appunto a Roma, «La stradina»); nelle tele d’allora si ritrovano le scene quotidiane di vita anche spicciola (per esempio, quelle narrate da Peter de Hooch, un altro grande artista); in un caso, c’è addirittura una domestica colta in flagrante di amore furtivo, mentre il gatto ne approfitta per svuotare una scodella.

La stradina, 1658 ca. - Rijksmuseum, AmsterdamLa stradina, 1658 ca. - Rijksmuseum, Amsterdam
 
Scene che, nella pittura non solo italiana di quel periodo, ma in gran parte del resto d’Europa, sono assolutamente impensabili: oltre che a Delft, potevano essere dipinte soltanto a Amsterdam, a Leida, a Haarlem. Se da una parte collezionavano i cardinali e i nobili, dall’altra i committenti erano piccolo-borghesi: lo stesso ceto ritratto nell’arte. Una rassegna di pittori, che però prescindeva da Vermeer, era già stata proposta a Roma dal Museo del Corso; ma una mostra come questa, i cui quadri sono stati ieri annunciati, in Italia non era mai stata organizzata.
Soltanto alcuni dei maggiori musei del mondo, oltre a quelli olandesi, possiedono qualche opera di un artista certamente dei più ricercati, ognuna delle quali è un brivido e una grande emozione (tanto che, a inizio Novecento, dopo che era stato riscoperto, i falsi si sprecavano); che a Roma ne arrivino ben otto, tra cui anche dei capolavori assolutamente riconosciuti, è un risultato importante: preludio a un’occasione comunque assai rara.
Fonte
http://english.scuderiequirinale.it/categorie/exhibition-003

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